lunedì 2 giugno 2014

RENZI E LO SCONTRO RAI. UNA GODURIA.

 
Probabilmente ha ragione Renzino quando sostiene che se lo sciopero RAI contro il governo fosse stato annunciato prima delle elezioni avrebbe tranquillamente preso almeno due punti percentuali in più.
La RAI non gode di grandi simpatie popolari, specie ora che l'affermazione di Sky e La 7 anche sul piano dell'informazione, e l'invasione di centinaia di canali digitali, rendono del tutto obsoleto il concetto di tv pubblica e ancora più vessatoria l'imposizione di un canone che la gente è costretta a pagare per il solo possesso di un televisore, anche se è pronta a farsi oscurare tranquillamente tutti i canali di Viale Mazzini. Sono 15 ? Anche eliminandoli tutti, ne restano sempre svariate centinaia, e chi punta sulla qualità e vuole spendere, preferisce Sky. 
Eppure la battaglia del Premier non è per l'eliminazione della RAI pubblica, sia mai - eppure ci fu un referendum, promosso dai soliti radicali, che aveva approvato la privatizzazione dell'ente - , forse ha in mente, ma è tutto da vedere, un ammodernamento che passa anche per un forte dimagrimento. Ma il Canone non è in discussione, e l'idea è quello di farlo pagare a tutti - l'evasione è alta, dicono 500 milioni di euro - , magari veramente inserendolo nelle bollette della luce (sempre detto che i rapinatori di banca sono più dignitosi : hanno più coraggio), e , per fare il figo, riducendolo di qualche euro. 
No, Renzi ha stabilito di trattenere da quel canone 150 milioni di Euro, come contributo della RAI ai sacrifici nazionali, alla spending review.
Non sono sicuro di aver capito bene, e non lo dico sarcasticamente. Il deficit che la RAI accumula, nonostante i soldi del canone, da chi è pagato ? dallo Stato ? Chiudetela, e subito. 
Se invece si tratta di un debito finanziato dalle banche, come tantissime altre aziende, allora potrebbero essere affari loro (ancorché resta lo scandalo del canone, ma ora accantoniamolo).
Resta che la fonte di finanziamento principale sono l'imposta e la pubblicità, sui cui introiti immagino verranno pagate le tasse. Quindi i 150 milioni che Renzi vuole prendersi che sono ? Spending Review no, se il ragionamento fatto fin qui è corretto.  Sembrano soldi del canone, riscossi dagli italiani in funzione del servizio pubblico televisivo, e solo per quello, che invece Renzi intercetta e trattiene per "altro".
Se è così, e non è detto che lo sia perché magari ho capito male, allora mi piange il cuore ma hanno ragione quelli della Rai. 
Ma solo, lo ribadisco e lo sottolineo, qualora sia vero che le spese milionarie per Fazio, Floris e altre soubrette della Rai sono pagate esclusivamente coi proventi ad essa destinati tramite il canone e NON altro. Insomma, che il denaro pubblico sia solo e soltanto quello del canone, in attesa del giorno di grazia in cui questo verrà abrogato. 
Vedete, la mia perplessità su Renzino è data anche da queste cose. Lui punta gli avversari giusti - Stato, Burocrazia, Sindacato, ora la RAI - ma è il COME che non convince e non di rado anche il PERCHE'. 
Ciò detto, vedere in difficoltà quelli dell'Usigrai e constatare che il loro partitone conta sempre meno, è una grande goduria. DI questo gli sono grato.


 

Ora i renziani puntano
a una “Leopolda”
sulla televisione pubblica

La sede della Rai
 
ROMA
Ai piani alti di viale Mazzini la chiamano già la “Leopolda Rai”. L’idea è venuta a Luigi De Siervo - da poche settimane leader dell’Adrai, il sindacato dei dirigenti Rai - e il progetto è quello di riunire entro l’estate cento manager interni e cento esterni, per iniziare a discutere sul futuro di un’azienda che da anni ha rinunciato a ragionare strategicamente sul proprio ruolo in un mondo della comunicazione in continua evoluzione. Una convention destinata a cadere in un frangente senza precedenti: nei sessanta anni di storia della Rai, mai si era determinato un conflitto frontale tra il governo e la tv pubblica come quello in corso da alcuni giorni. 
De Siervo, 45 anni, fiorentino, non è un dirigente qualunque: è amico e unico interlocutore di Matteo Renzi in Rai e anche per questo il presidente del Consiglio potrebbe intervenire alla convention. Ma l’eventuale partecipazione di Renzi ad un appuntamento, peraltro ancora da fissare, non dovrebbe segnare un’inversione di rotta nell’atteggiamento seguito fin qui da Palazzo Chigi nei confronti della Rai.  
Da quando è diventato presidente del Consiglio, Renzi si è imposto un profilo anglosassone, da separazione dei poteri, il che ha portato ad alcuni inediti malintesi. A fine febbraio, non appena Renzi ha assunto la guida del governo, il presidente della Rai Anna Maria Tarantola e il direttore generale Luigi Gubitosi si sono fatti vivi a Palazzo Chigi, prospettando un incontro. Renzi non si è rifatto vivo. In questo segnando una linea di discontinuità con Enrico Letta che, altrettanto attento a non interferire, incontrò formalmente i vertici dell’azienda.  

Nei primi cento giorni di governo, Matteo Renzi ha spiazzato il “partito Rai” con una politica di non-ingerenza: niente pressioni sui direttori di tg e di rete, né per favorire la rimozione dei riottosi, né per imporre una linea filo-renziana. Contando, evidentemente, in un auto-allineamento.  
Un approccio culminato in quello che a viale Mazzini viene considerato un atto di ostilità: la sottrazione dei 150 milioni dal bilancio dell’anno in corso. Una richiesta contestata, fino alla indizione dello sciopero dell’11 giugno da parte dall’Usigrai, il sindacato dei giornalisti, che divenne (ma non lo è più) un “potere forte” durante la leadership di Beppe Giulietti che, con Biagio Agnes direttore generale, alla fine degli Anni Ottanta era diventato una sorta di consigliere di amministrazione aggiunto. 
Per il momento Matteo Renzi non ha un suo “piano” organico, né un’ora x nella quale prendere il potere o modificare la governance. Per ora circolano soltanto suggestioni. Sul breve, il sottosegretario Antonello Giacomelli, plenipotenziario alle Comunicazioni, ha fatto capire che ci saranno novità sul fronte del canone, con una lotta agli evasori e una rimodulazione del “quantum”, un approccio che potrebbe portare Renzi a sintetizzare il tutto così: pagherete tutti, ma pagherete meno.  

Più difficile immaginare quale sia il disegno strategico. Il sedicesimo dei cento punti della Leopolda 2011 recitava così: «Oggi la Rai ha 15 canali, dei quali 8 hanno una valenza “pubblica”. Questi vanno finanziati attraverso il canone. Gli altri, inclusi Rai1 e Rai2, devono essere da subito finanziati esclusivamente con la pubblicità, con affollamenti pari a quelli delle reti private». 
Insomma una Rai3 senza pubblicità e in prospettiva unica rete pubblica. E quanto alla nuova governance del servizio pubblico si auspicava: «Dev’essere riformulata sul modello Bbc. L’obiettivo è tenere i partiti politici fuori dalla gestione».  
Certo, il modello-Bbc è da anni la formula magica sbandierata dai partiti per continuare le lottizzazioni e i tanti affari con le società “amiche” e per questo sarà interessante misurare la differenza tra il Renzi della Leopolda “vera” e quello che lui stesso dirà alla “Leopolda Rai”.

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