sabato 6 luglio 2013

AZIENDA E OPERAI SI METTONO D'ACCORDO MA SENZA LA FIOM. NIENTE PAURA LANDINI, C'è SEMPRE LA CONSULTA A PROTEGGERVI !


E' di qualche giorno fa la notizia che la Corte Costituzionale, a cui faccio fatica a portare l'ossequio dovuto, ha riconosciuto l'incostituzionalità dell'art. 19 dello statuto dei lavoratori in quanto consentiva che una sigla sindacale, non sottoscrivente il contratto regolante i rapporti all'interno dell'azienda, non avesse diritto agli spazi dati agli altri  sindacati. Ora, benedetto Dio, se c'è un insieme di norme di sinistra, a tutela assoluta dei lavoratori anche a prezzo della logica economica e del buon senso, questo è lo Statuto dei Lavoratori, firmato da  Gino Giugni socialista sicuramente non pro mercato. E' una legge del 1970, che introdusse, tra l'altro, la sostanziale illicenziabilità del lavoratore dipendente. In Italia esiste il divorzio, non c'è lo scioglimento del rapporto di lavoro per le imprese con più di 15 dipendenti. Solo la morte di uno dei due può dividere quello che Giugni ha unito. Nel caso del lavoratore, la morte è quella naturale, per l'azienda è quella economica.
L'impresa può fallire, non licenziare. Di fatto è così, e non a caso l'Italia è il regno delle piccole imprese che fanno salti mortali per non superare la fatidica soglia di 15.
Lo Statuto esiste, ahinoi , da 43 anni. Bene, nel 2013 qualcuno si è accorto che una delle sue norme , esattamente l'articolo 19, è incostituzionale e ha subito trovato un giudice del lavoro consenziente che ha trasmesso gli atti alla Corte Costituzionale che, udite udite, ha in effetti scoperto che sì, non se n'era accorto nessuno ma quella norma lede la Costituzione....Però ci lamentiamo che Marchionne manderà affa,,,Sindacati, Corte e compagnia bella, chiuderà l'auto in Italia, producendola in America , Polonia, Brasile, ovunque meno che nel posto dove la demenza sindacale e da tempo anche giudiziaria non ha limiti.
 Oggi leggo che a Belluno un'Impresa,  la Joint & Welding di Sedico, ha siglato coi propri dipendenti un'intesa che prevede mezz'ora in più di lavoro, però non retribuita. Una soluzione temporanea, accompagnata anche dall'impegno dell'azeinda che, in caso di miglioramento della situazione economica, quel tempo sarà rimborsato. Buono no ? NO. La Fiom CGIL non ci sta, questi accordi senza la benedizione sindacale non sono legittimi.
I particolari potete leggerli nell'articolo di Dario Di Vico.
Io dico solo che Grillo,tra le varie cose intelligenti che ha detto - oltre alle tante viceversa stravaganti, per usare un eufemismo - c'è quella del licenziamento dei sindacati.
Solo per questo era da votarlo.

Mezz'ora in più di lavoro gratis
Il sì degli operai e l'ira dei sindacati

La proposta del proprietario per non chiudere l'azienda. Per la Fiom-Cgil l'intesa è illegale, preoccupata anche la Cisl

I l caso che sta facendo rumore è quello della Joint & Welding di Sedico in provincia di Belluno. Eddi Della Rosa, proprietario dell'azienda siderurgica (30 addetti), ha chiesto ai suoi dipendenti di lavorare mezz'ora in più al giorno a parità di salario per tenere in piedi l'attività e non chiudere i battenti. La stragrande maggioranza degli operai, tutti tranne un paio, ha accettato seppur obtorto collo e quindi rinunceranno a due pause giornaliere di 15 minuti ciascuna.
La Fiom-Cgil provinciale ha tuonato contro l'accordo, l'ha definito illegale e ha chiesto a Dalla Rosa di azzerare tutto e avviare un vero negoziato. Il padrone, dal canto suo, ha fatto sapere che se la situazione dovesse migliorare, a fine anno rimborserà gli operai. In attesa di conoscere gli sviluppi del caso bellunese vale la pena riportare la preoccupazione di Franca Porto, segretario regionale della Cisl secondo la quale «ormai accordi di questo tipo non si scrivono nemmeno, ci si scambiano in fabbrica degli affidamenti ma non si mette niente nero su bianco». E indubbiamente una tendenza di questo tipo preoccupa la Cisl, il sindacato guidato da Bonanni. «Sono tentativi disperati, spesso ai limiti della decenza sindacale e riflettono due fenomeni. L'angoscia per il rischio di veder morire le imprese e l'attaccamento degli operai all'azienda».
Insomma la Cisl mette in guardia dai pericoli di accordi improvvisati ma sottolinea la complicità che in Veneto lega padroni e dipendenti. «Alla fine della crisi ci accorgeremo che questa complicità farà la differenza, si rivelerà una risorsa».
In passato aveva fatto discutere un altro caso, quello degli operai della Smit Textile, che davanti al blocco dei prestiti all'azienda avevano minacciato le banche locali di chiudere i conti correnti e spostarli altrove.

Gigi Copiello è un ex sindacalista vicentino, anche lui cislino, da sempre considerato eterodosso. «Attenzione però, una cosa è derogare alle intese aziendali, e si è fatto molte volte, altro è contravvenire al contratto nazionale. In questo caso si rischia che venga impugnato davanti al giudice anche da un solo lavoratore e tutto diventa inutile». Detto questo Copiello è scettico sulla reale efficacia di soluzioni alla bellunese. «Da sindacalista ero favorevole a contratti di complicità quando si aumentava la produttività, ma se l'obiettivo è soltanto limare i costi non si va molto lontano. E le aziende chiudono lo stesso».Franca Porto ci tiene a sottolineare come accanto ad accordi sommersi e informali ci sia una contrattazione sana in aziende che vanno bene. Cita i casi recenti della Vitek o alla Manofrotto di Bassano del Grappa o della Salvagnini di Vicenza dove il sindacato ha raggiunto intese migliorative anche in materia di welfare aziendale e partecipazione.
Un'altra esperienza che sta trovando seguito sempre in Veneto è quella delle «fabbriche recuperate» con il sacrificio dei lavoratori, come le fonderie Zen di Albignasego che erano finite in amministrazione straordinaria. Sono entrati nel capitale sia i manager aziendali con il 25% sia una cooperativa degli operai (5%) che ha attinto alle risorse del Tfr dei lavoratori.
Qualcosa di simile è accaduto anche alla Modelleria D&C di Vigodarzere. Dopo il fallimento dell'azienda è stata riavviata l'attività in forma di cooperativa autogestita con il supporto della Legacoop Veneto. Il modello di conduzione aziendale prevede il coinvolgimento dei dipendenti che si riuniscono una volta al mese per valutare l'andamento della società e finora le cose non sono andate male perché la Modelleria è tornata addirittura in utile. Ma è evidente che tutte queste discontinuità si possono introdurre solo se la base è convinta e motivata.
Secondo il sociologo Paolo Feltrin la via maestra di una «complicità utile» è però quella basata sulla divisione del lavoro e sull'abbassamento del costo attraverso i contratti di solidarietà. «Sul territorio di accordi così se ne fanno moltissimi e a chiederli stavolta, rispetto al passato, sono prima di tutto le aziende. E devo dire che in attesa della ripresa è questa la formula migliore per far passare la nottata. Anche i tedeschi l'hanno usata per ristrutturarsi, noi dovremmo non solo estenderla dalle piccole alle grandi fabbriche ma anche in qualche modo incentivarla con dei soldi».

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