domenica 16 novembre 2014

OSTELLINO : GRAZIE AL CAPITALISMO LA POVERTA' DIMINUISCE, MA DIRLO E' VIETATO



Ostellino credo possa essere considerato, per età (il prossimo anno compirà 80 anni), per longevità professionale (dal 1967 scrive sul Corriere della Sera, di cui è stato anche direttore), per prestigio, uno dei patriarchi del giornalismo italiano. Senza toccare i vertici di popolarità del grande Indro Montanelli, ne ha preso idealmente il ruolo di porta bandiera del pensiero liberale nel mondo dell'informazione nazionale.
Studioso di storia, profondo conoscitore del mondo comunista (fu inviato sia a Mosca che a Pechino), è, di conseguenza, un nemico dichiarato di quella ideologia e dei suoi retaggi, più o meno mascherati e/o edulcorati.
Sostiene, purtroppo non a torto, che l'Italia, dopo la caduta del muro di Berlino e il successivo, immediato crollo dell'Unione Sovietica e dei suoi feudi, è il paese dove maggiormente i veleni statalistici e assistenzialisti del socialismo reale hanno attecchito.
E nonostante il sistema capitalistico, con tutti i suoi errori e storture, sia palesemente quello che ha favorito (anche grazie alla sua duttilità, capacità di correggersi per adattarsi e sopravvivere al mutamento dei tempi) il più grande sviluppo delle libertà economiche e individuali, la cultura e l'informazione nazionale sono ancora impregnate di anticapitalismo militante.
Nell'articolo di ieri, ricordava come, proprio grazie al sistema di mercato e capitalistico, la povertà ( quella definita "estrema", va precisato, e tra miseria e benessere ci sono tanti scalini...), nel mondo si sia dimezzata negli ultimi 20 anni ( dati della Banca Mondiale), eppure questa notizia viene silenziata ( va detto però che nello stesso giornale, il Corriere, ne aveva parlato il bravo Danilo Taino), perché c'è un modo abile e sperimentato per non tenere conto dei fatti sgraditi : tacerli per ignorarli.



Se la povertà si riduce 
per «colpa» del capitalismo 
 

Un rapporto della Banca mondiale riferisce che, negli ultimi 30 anni, la percentuale di popolazione in condizioni di povertà estrema si è più che dimezzata, dal 34,6 % nel 1990 al 14,5 nel 2011. Nel periodo del «“liberismo selvaggio” che affama i popoli, distrugge il pianeta, aumenta le diseguaglianze» è avvenuta la più grande riduzione della povertà nella storia dell’umanità, commenta il Foglio . Il quotidiano diretto da Giuliano Ferrara — ex comunista intelligente e realista, approdato alla cultura politica dell’Occidente democratico-liberale — è uno dei pochi giornali che ha dato la notizia. Non è casuale.
   I media evitano solitamente di riferire notizie positive attribuibili al capitalismo e al mercato, preferendo addebitare all’uno e all’altro le peggiori calamità che affliggono l’umanità. Pesa ancora sul nostro sistema informativo, il peggiore d’Europa, l’ipoteca marxista — tradotta da Gramsci nell’occupazione delle «casematte» della democrazia borghese, fra le quali i media — che distorce la realtà attraverso la lente classista. Di recente il dilettante parolaio che abbiamo a capo del governo ha detto agli industriali a Brescia che «c’è un disegno per dividere il mondo del lavoro» (e il Paese). Renzi, ciò di cui parla si chiama lotta di classe, è il dato sociologico col quale Karl Marx spiega la natura della democrazia liberale e fa discendere il potere politico dall’Olimpo della metafisica ai rapporti di produzione.
  Da noi, la vulgata politica fa ancora sì che la parte del Paese che legge i quotidiani sia convinta che capitalismo e mercato siano un sorta di darwinismo sociale che seleziona brutalmente il popolo, affamandolo e producendo crescenti diseguaglianze fra chi ha e chi non ha. È la cantata di Jean Jacques Rousseau — che scriveva in altri tempi — contro la proprietà privata. La quale, oltre al benessere di cui godiamo, sta a fondamento delle libertà politiche che distinguono quelle della democrazia liberale dalla «libertà degli antichi» (Benjamin Constant). Da noi, i fatti non hanno, come diceva Lenin, «la testa dura»: o almeno non abbastanza da far fronte alle utopie del 1789 propagate, poi, dal marxismo, che dell’egualitarismo giacobino e di Rousseau è stato la prosecuzione politica. Perché, davanti a fatti come quelli citati dalla Banca mondiale, il nostro sistema informativo non si dà, allora, una bella regolata, uscendo dall’arretratezza nella quale si crogiola, e non fa il suo mestiere ?

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