venerdì 26 settembre 2014

PERCHE' L'ARTICOLO 18 TEDESCO FUNZIONA MEGLIO


https://encrypted-tbn0.gstatic.com/images?q=tbn:ANd9GcTT9gzFPQD2gea6UgdCNzaKKe5TKgGTDtuggQKn3cHP2m0LyO4K

In diversi post del Camerlengo, trattando il problema del famoso - famigerato articolo 18, ho evidenziato come da noi accada spesso che una legge non sia buona o cattiva in sè, dipendendo questo dalla sua applicazione ed interpretazione giudiziaria.
Pur da liberale, non mi sconvolge il principio per il quale, non sussistendo una giusta causa o un giustificato motivo di licenziamento, quest'ultimo possa essere annullato. Non mi piacciono arroganze, prepotenze, cinismo, e ho avuto come cliente un imprenditore che licenziava umoralmente (un caso restato unico peraltro).
Però quando si è trattato di stabilire quando sussisteva una giusta causa o un giustificato motivo, sindacati e magistrati del Lavoro si sono saldati in una unica tenaglia, facendo sì che il contratto di lavoro a tempo indeterminato diventasse molto più solido di un matrimonio (dove peraltro, non c'è possibilità di obbligare le "parti" a restare insieme). 
Le cronache di questi anni sono piene di sentenze di reintegro scandalose, con gente lavativa, indolente, cronica ritardataria, truffaldina ( a giocare a tennis coperti da un certificato di malattia) e ricordo trattative azienda sindacati a cui ero presente nelle quali, nel trattare su licenziamenti collettivi ( dovuti quindi a difficoltà economiche obiettive e riconosciute), i rappresentanti sindacali volevano "obiettivizzare" i criteri di dismissione dal lavoro : anzianità di servizio, stato di famiglia, sesso....
In sostanza, il datore di lavoro, costretto per ridurre i costi ad allontanare 10 dipendenti, non poteva decidere LUI QUALI, sulla base del merito e della produttività, ma doveva stare ai criteri sindacali...
Lentamente le cose in questi anni sono cambiate, va detto, e qualche miglioramento c'è stato, ma siamo sempre lontanissimi dal "buon senso" che vige per esempio in Germania.
Anche lì esiste la norma di reintegrazione, ma, di fatto, viene adottata in rarissime occasioni, in sostanza nei soli casi di discriminazione (che anche la riforma ventilata da Renzi lascerebbe).
Legge quindi sostanzialmente simile, applicazione diversissima.
Inutile dire dov'è che le cose funzianano meglio.


 
Articolo 18 le tante (facili) illusioni sugli altri modelli

 
In materia di articolo 18 il dibattito di questi giorni si sta focalizzando attorno al modello tedesco e in particolare sulla possibilità che ha il giudice del lavoro di ordinare il reintegro del dipendente licenziato. Questa disposizione della legge tedesca, come spesso accade in Italia, è diventata quasi simbolica: una sorta di diga politico-culturale eretta da ampi settori del mondo sindacale e da una parte della minoranza pd per stoppare i provvedimenti del governo. Ma proviamo a capirne il perché. L’orientamento della magistratura tedesca è rimasto abbastanza coerente nel tempo e porta nella stragrande maggioranza dei casi a ordinare il risarcimento monetario del licenziamento. Solo in pochi casi di palese discriminazione i giudici del lavoro sanciscono il reintegro in azienda. In questo modo in Germania si concilia la presenza nella norma di un diritto in più e un’applicazione, quasi quotidiana, che favorisce la flessibilità (in uscita) del rapporto di lavoro. Da noi, in base alle norme vigenti adesso e quindi non prendendo a riferimento le novità contenute nel Jobs act governativo, la prassi giurisprudenziale risulta molto difforme da tribunale a tribunale e si arriva per casi simili anche a sentenze molto diverse tra loro, se non opposte. La causa, secondo il parere dei giuslavoristi, risiede nel dispositivo introdotto dalla legge Fornero che produce massima incertezza e concede un’eccessiva discrezionalità al magistrato. Più in generale si può aggiungere che la cultura economica prevalente tra i magistrati del lavoro li porta a concepire il diritto come uno strumento di riequilibrio democratico rispetto al rapporto di forza asimmetrico tra datore di lavoro e dipendente. Per l’insieme di questi motivi i sindacalisti sono portati a sostenere la bontà del modello tedesco e sarà bene quindi scrivere bene la formulazione della nuova legge, o avremo una nuova Babele del diritto.

Nessun commento:

Posta un commento