sabato 22 febbraio 2014

OSTELLINO SFIDA RENZI CON UNA PROVOCAZIONE : IRPEF AL 30% E IVA AL 7. IL MIGLIORE DEI MONDI CHE NON C'E'

 

Susciterà l'entusiasmo dei miei amici del TEA Party italiano l'articolo odierno di Piero Ostellino che raccomanda al neo premier Matteo Renzi due cose semplici semplici : abbattere le tasse e ridurre la spesa pubblica. Già che c'è, quantifica pure la misura delle due imposte principali : Irpef al 30 e IVA al 7. E' solo un esempio, ricorda il giornalista, ma suona cone una provocazione tanto è semplicemente impensabile  una misura del genere, Nel 2013 è stato IMPOSSIBILE per il governo Letta NON aumentare l'IVA, portata al 22%, e per mantenere la promessa dell'abolizione dell'IMU sulla prima casa sono stati fatti salti mortali e anche qualcosa di più. Parliamo di operazioni del valore di meno di 8 miliardi complessivi. Quanti bisognerebbe tagliarne di spese per fare quello che Ostellino auspica  ?
SUl resto delle considerazioni ovviamente sono d'accordo : l'eccesso di pressione fiscale ammazza l'economia e aumenta l'evasione, così come condivido, in generale, i punti di vista riportati di Bruno Leoni e di De Jouvenel (quest'ultimo non lo conoscevo).
Però questo Stato e questo Sistema sono assolutamente obesi e non è immaginabile una "dieta" traumatica come quella che vagheggia il bravo scrittore liberale.
Mi piacerebbe assai che fosse possibile. Ma non si può. E' semplice. 
Comunque, da leggere, come sempre.

Diminuire la spesa per ridurre le tasse"
 

Matteo Renzi, se vuole davvero cambiare l’Italia, invece di pensare ad una patrimoniale sulle rendite — una tassazione sul risparmio accumulato, dopo la tassazione sul reddito in formazione — dovrebbe ridurre le tasse e impegnare il suo, i governi successivi e la Funzione pubblica a spendere solo i soldi che lo Stato ha incassato. A titolo esemplificativo, se Renzi portasse l’Iva al 7% e l’aliquota massima al 30 avrebbe già risolto gran parte del problema. La regola che impone di individuare, per ogni progetto di spesa, la copertura finanziaria si è rivelata controproducente. Lo Stato e i suoi derivati spendono e spandono lo stesso e, poi, cercano i soldi per far fronte alla nuova spesa imponendo nuove tasse. La regola costituzionale — voluta dal liberale Luigi Einaudi per evitare squilibri di bilancio — non ha generato una riduzione della spesa pubblica, bensì il suo contrario: ha prodotto la corsa al suo aumento e a quello della pressione fiscale e una crescita del debito. Mario Monti ed Enrico Letta, nominati per ridurlo, hanno ignorato che una intollerabile pressione fiscale genera un aumento dell’evasione e, di conseguenza, una riduzione del gettito e un aumento del debito; mentre una pressione fiscale ridotta genera una maggiore propensione a pagare le tasse e, quindi, un gettito migliore e, probabilmente, la riduzione del debito (curva di Laffer). Hanno preso un Paese già in declino e, invece di rilanciarlo, eliminando i vincoli burocratici che penalizzano la produzione di ricchezza, hanno massacrato i suoi cittadini di tasse.
Il gettito ridotto, a seguito della diminuzione della pressione fiscale, produrrebbe quattro effetti benefici. Primo: razionalizzare il rapporto fra fiscalità e spesa pubblica, eliminando l’esigenza di reperirne la copertura finanziaria con l’aumento della pressione fiscale. Secondo: indurre i governi a fissare una graduatoria, fra le spese da fare, di quelle prioritarie, eliminando le spese inutili e/o improduttive. Terzo: lasciare nelle tasche degli italiani più soldi, facilitando il rilancio della crescita. Quarto: probabilmente, accrescere anche gli incassi dell’Erario.
Due intellettuali liberali, Bruno Leoni e Bertrand de Jouvenel, avevano già individuato, nel Novecento, le due malattie delle quali soffriva, e via via avrebbe sofferto in modo crescente, la democrazia e, più d’ogni altra, la nostra. Leoni aveva previsto il «delirio normativo» — la sindrome regolamentatoria, il numero eccessivo di leggi, da parte di un Parlamento privo di limiti — che avrebbe condizionato le libertà individuali (La libertà e la legge , Liberilibri). De Jouvenel aveva denunciato che «la redistribuzione (della ricchezza), più che trasferimento di reddito dai più ricchi ai più poveri, è un redistribuzione di potere dall’individuo allo Stato» (L’etica della redistribuzione, Liberilibri). È ciò che è accaduto e di cui Renzi — se non vuole assomigliare a Monti e a Letta — dovrebbe realisticamente tenere conto; sempre che, pur di restare a Palazzo Chigi, non finisca col fallire prima ancora di cominciare...

1 commento:

  1. Luigi Einaudi l'avrebbe inserita nelle sue prediche inutili, tanto non saranno mai in grado di capire fin quando non saranno presi a sonori schiaffoni ...

    RispondiElimina