sabato 22 settembre 2012

LE PORTE DELLA PRIGIONE QUASI APERTE PER SALLUSTI . PRONTE LE BOTTIGLIE DI CHAMPAGNE IN TRIBUNALI E REDAZIONI.




Sallusti, il direttore del giornale, è una persona non aiutata dall'aspetto. Sembra veramente zio tibia, il personaggio a fumetti che presentava in tono divertente storie del terrore (lì imparai una frase a me cara, che utilizzo spesso in tante occasioni e contesti diversi : "ci vuole un fantasma per riconoscere un altro fantasma "...se la adattate , scoprirete che è verissima ! ) .
Se al fisico aggiungete l'acidità dell'uomo, incapace di duettare dialetticamente di fioretto , usando sempre e solo la clava (immaginatevi quando s'incrocia con Travaglio...) , ecco che non ci troviamo di fronte ad una persona simpatica.
Questo ovviamente non è un buon motivo per mandarlo in galera. E invece è la realistica prospettiva che il nostro ha in considerazione che , malissimo difeso, si è preso una condanna a 14 mesi , SENZA SOSPENSIONE della pena, per il reato di omesso controllo , in qualità di direttore, di uno scritto il cui contenuto è stato ritenuto diffamatorio. Qui sono molte le cose che non tornano.
Intanto, in considerazione che il principio generale è che la responsabilità penale è personale, i reati per omesso controllo già sono un pochino più difficile da digerire. Però ovviamente non tutte le materie sono uguali. Se ho la responsabilità di verificare l'esatta costruzione di un ponte, e poi questo crolla, mi pare evidente che anche io possa essere chiamato a rispondere per la mia parte di negligenza.
Qui si tratta di un articolo, ci muoviamo nella delicatissima materia della libertà di stampa, di espressione, diritti costituzionali, e il diritto parimenti essenziale dell'individuo alla propria onorabilità (termine desueto ma questo alla fine è ). Personalmente non ritengo che si possa scrivere di tutto contro una persona e trincerarsi dietro ogni volta ai due principi citati. Però questo vale per l'autore dell'articolo. Il Direttore del giornale, ogni volta quante centinaia di articoli dovrebbe leggere con la lente di ingrandimento per controllare effettivamente ogni scritto ?? Mi pare quindi più corretto limitarsi ad una sanzione amministrativa e pecuniaria piuttosto che ricorrere a quella penale.
In genere i giudici sono animati da buon senso e questo fanno : condannano il direttore ad una multa (anche per l'autore materiale dell'articolo in genere è così ). Era stato così anche per Sallusti in primo grado, che aveva riportato una condanna di 5.000 euro. Siccome però i PM non hanno di meglio di cui occuparsi, quella sentenza è stata appellata (lo ha fatto anche il querelante )   e stavolta la condanna è stata di 14 mesi di carcere !! NON SOLO. Senza sospensione della pena. E questo è veramente incredibile visto che è un beneficio di cui ladri, truffatori, scippatori, piccoli spacciatori, godono SEMPRE.
Devo pensare che Sallusti avesse già accumulato altre condanne del genere, quindi avesse esaurito il "bonus" della condizionale (che in tutto sono 24 mesi ) o comunque , accade in caso di reiterazione dello STESSO reato, il giudice abbia ritenuto che, essendo recidivo, non meritasse il beneficio.
In ogni caso, una assurdità.
Tanto è vero che , nonostante Sallusti sia di destra, un berlusconiano di ferro e quindi in viso alla Federazione della Stampa, è stato stavolta difeso dal suo organo sindacale in modo fermo. E allo stesso tempo molti colleghi noti si sono schierati contro una decisione che veramente sembra aprire le porte del carcere per il giornalista : Fillipo Facci, Pierluigi Battista, lo stesso Marco Travaglio !!
Perché quella norma è iniqua e va eliminata. Era dai tempi di Guareschi mi sa che qualcuno della stampa non va in galera per questo reato ( a lui toccò per aver diffamato De Gasperi e si fece 13 mesi di prigione. Guareschi non fece nemmeno appello, sostenendo che " Per rimanere liberi bisogna, a un bel momento, prendere senza esitare la via della prigione» ).
Perché si tratta di una condanna esagerata e addirittura "sospetta".
Come detto, i giudici hanno sempre gestito questo tipo di reato ricorrendo alle Multe, e non comminando pene detentive. Un buon compromesso per l'applicazione di una ipotesi di reato discussa e discutibile ( del resto, il reato di diffamazione esiste solo in Italia a quanto pare).
Infatti non si contano le condanne di questo tipo a carico dei giornalisti ( Travaglio ne ha più di una per esempio ) : sono incerti del mestiere che vengono messi in conto. Per alcuni, che evidentemente la pensano come il grande Guareschi, quasi delle medaglie al valore, il prezzo per essere sempre liberi.
Ovviamente la libertà di diffamare non c'è e non ci deve essere, ma meglio affidare la materia al giudice civile , al campo del risarcimento del danno.
Finora il fenomeno era rimasto oggetto di polemiche e dibattiti, ma la richiamata prudenza dei giudici aveva sostanzialmente depotenziato la questione.
Stavolta non è andata così. Anzi.
Possibile che c'entri qualcosa che Sallusti è uno dei direttori più accesi nella polemica contro i magistrati ? PM in particolare? Uno di quelli che non ha mai esitato di scrivere, proprio direttamente, nei suoi editoriali, che ci sia stato un complotto giudiziario contro Berlusconi (oddio, questo ormai lo pensano quasi tutti, anche a sinistra, salvo esserne assai contenti, da questa parte di campo ).
Sallusti viene descritto, per negargli la sospensione della pena, come un soggetto "pericoloso"....Mai paura del ridicolo certe nostre toghe...
E così anche un giornalista moderato, anti sallustiano (tutto lo divide dal collega) ma inossidabilmente garantista, parlo di Pierluigi Battista, scrive che non è bello sentire , in certe decisioni, odore di "vendetta".
Brutto pensiero favorito anche dalla circostanza che, nella fattispecie, il soggetto diffamato era stato un collega, un giudice tutelare....
Riporto l'articolo di Filippo Facci che tra l'altro riporta , a differenza di altri commenti letti, anche i contorni essenziali del fatto che ha creato il caso.
Buona Lettura

SALLUSTI RISCHIA IL CARCERE : UNA VERGOGNA ITALIANA 




Vediamo di aprirlo bene, il ventaglio delle responsabilità che potrebbero portare in galera Alessandro Sallusti, ex direttore di «Libero» e attuale direttore del «Giornale». Riassunto per i disinformati, cioè quasi tutti: nel febbraio 2007 su «Libero» uscirono un articolo e un commento in cui si parlava indirettamente - nel senso che non veniva neppure nominato - del giudice tutelare Giuseppe Cocilovo; la vicenda, rivelata da «La Stampa» e commentata il giorno dopo da molti giornali, riguardava una 13enne che il tribunale di Torino aveva autorizzato ad abortire ma che poi era finita in una clinica psichiatrica per le conseguenze della vicenda. L’articolo di «Libero» era firmato da Andrea Monticone mentre il commento era firmato dallo pseudonimo «Dreyfus», il quale concludeva scrivendo che «se ci fosse la pena di morte e se mai fosse applicabile in una circostanza, questo sarebbe il caso. Per i genitori, il ginecologo, il giudice»Un’esagerazione? Si può pensarlo. Il giudice tutelare - neppure nominato, come detto - sporse immediatamente querela: e siccome il commentatore non era riconoscibile, appunto, la responsabilità ricadde interamente sull’allora direttore Alessandro Sallusti. Domanda: vennero fatte indagini per risalire al vero autore del commento? No: nonostante l’autore, nell’ambiente giornalistico, lo presumessero tutti.

E veniamo al primo grado: l’avvocato di «Libero» era piuttosto noto perché non presenziava quasi mai alle udienze, preferendo mandarci sempre un sostituto. E qui, il giorno della sentenza, accadde un fatto decisamente singolare. Il giudice, una donna, lesse il dispositivo che condannava Sallusti a pagare circa 5mila euro e Andrea Monticone a pagarne 4mila (più 30mila di risarcimento, che nel caso dei magistrati è sempre altissimo) ma nelle motivazioni della sentenza, depositate tempo dopo, lo stesso giudice si dolse di essersi dimenticato di prevedere una pena detentiva. Un’esagerazione? Si può pensarlo.

Tant’è, ormai era andata: sia il querelante sia la Procura sia gli avvocati proposero tuttavia appello (perché in Italia si propone sempre appello, anche quando pare illogico o esagerato) e la sentenza della prima sezione giunse il 17 giugno 2011. E qui accadeva un altro fatto singolare: l’avvocato di «Libero» tipicamente non si presentò in aula e però neppure il suo sostituto: il quale, nel frattempo, aveva abbandonato lo studio nell’ottobre precedente come del resto la segretaria. Fatto sta che all’Appello dovette presenziare un legale d’ufficio - uno che passava di lì, letteralmente - sicché la sentenza cambiò volto: come richiesto dall’accusa, Monticone si beccò un anno con la condizionale e Sallusti si beccò un anno e due mesi senza un accidente di condizionale, e perché? Perché aveva dei precedenti per l’omesso controllo legato alla diffamazione. Il giudice d’Appello, in pratica, recuperò la detenzione che il giudice di primo grado aveva dimenticato di scrivere nel dispositivo.

Una lettura della sentenza peraltro permette di apprendere che la condizionale viene negata «ai sensi dell’articolo 133 del codice penale», e cioè - oltre che per gli altri procedimenti penali subìti da Sallusti come giornalista - a causa della sua «pericolosità» e dunque nel timore, se lasciato a piede libero, che possa commettere altri temibili reati. Da qui la condanna non sospesa, nonostante Sallusti non abbia cumuli di condanne con carcerazione e abbia solo delle condanne indultate o trasformate in pena pecuniaria, nessuna delle quali - attenzione - per articoli da lui scritti: sono tutte per cosiddetto «omesso controllo» e dunque per un reato colposo per definizione, ciò che vede molti suoi colleghi in condizioni ben peggiori delle sue.

Mercoledì prossimo c’è il giudizio della Cassazione che potrebbe trasformare in esecutiva la pena comminata a Sallusti. L’auspicio è un rinvio in corte d’Appello (un rifacimento del secondo grado, cioè) così da rimediare all’assurdità della pena detentiva. Sallusti, per un bel po’, non andrebbe in galera in ogni caso: essendo la pena inferiore ai 3 anni e non essendo quindi immediatamente esecutiva, occorrerebbe attendere che la Cassazione notifichi la sua decisione alla Procura di MIlano (e già qui potrebbe persino trascorrere qualche mese) e poi che la Procura faccia eguale notifica ai legali di Sallusti, altro tempo che passa: dalla ricezione, gli avvocati avrebbero 30 giorni di tempo per proporre delle pene alternative come per esempio l’affidamento ai servizi sociali. La semi-libertà no, perché la pena supera i sei mesi.

Questa la storia, per sommi capi.  Resta il ventaglio delle responsabilità. Quelle dei giornalisti: una lobby così potente che in vent’anni non è riuscita a ottenere la depenalizzazione di un reato che solo in Italia prevede il carcere. La responsabilità degli avvocati: una lobby vera, quella sì, che da una vita straparla di depenalizzare la diffamazione e poi non ne fa mai niente: chissà perché. La responsabilità della classe politica - che in Parlamento ridonda giust’appunto di avvocati - che parimenti rassicura e tranquillizza la classe giornalistica salvo (non) fare assolutamente nulla quale sia stato il colore della compagine governativa: hanno fatto due intere commissioni per depenalizzare e sfrondare il Codice ma per la diffamazione è mancato il tempo, sapete. Le responsabilità dei magistrati, se non disturba: perché essere particolarmente suscettibili non è reato, e poi è vero, c’è pur sempre una legge che consente tutto questo: ma la applicano loro, ed essere giudicati e risarciti da propri simili consiglierebbe quantomeno una certa moderazione. Una condanna a una sanzione pecuniaria, in primo grado, forse poteva anche bastare: e invece no, a quanto pare c’era l’urgenza sociale di fare ricorso per pretendere la galera. C’era bisogno, soprattutto, di comminarla. Perché forse Alessandro Sallusti è davvero un pericolo per la società: si può pensarlo. Ma si può anche riderne. 

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