venerdì 6 luglio 2012

DA SANTA A MOSTRO: QUALE LA VERITA'? LA BRUTTA STORIA DI NATASCIA BERARDINUCCI

La storia di Natascia è agghiacciante. Se infatti è vero che questa ragazza, già colpita e rovinata dalla malattia capitatagli - una forma precoce di Parkinson - , si è fatta tre mesi di manicomio criminale perché considerata "pericolosa" quando le perizie psichiatriche non suffragavano questa tesi, bé ci troveremmo di fronte a qualcosa che definire mala giustizia sarebbe insufficiente.

L'articolo, con il video che pure propongo, è del Corriere della Sera, un giornale che non si caratterizza per la "caccia al magistrato" e quindi una certa attendibilità ce l'ha.
Però il fatto che la condanna di questa ragazza per stalking - la denuncia fu fatta dall'ex fidanzato - sia stata confermata fino in Cassazione mi lascia perplesso.
Da noi il sistema giudiziario è irrimediabilmente lento, in modo nocivo fino alla denegata giustizia, e la Pubblica Accusa è scivolata verso una deriva troppo spesso manettara, col vizietto della pena anticipata e/o della confessione estorta con il carcere "cautelare". Però io conservo fiducia che quando finalmente i giudici DECIDONO, e quindi finalmente STUDIANO il processo, le risultanze, le prove, poi siano seri e preparati, almeno per la maggioranza.
Questa almeno è la mia esperienza nel civile, e mi piace sperare che sia anche così nel penale (dove è ancora più importante , visto che in ballo c'è la libertà delle persone).
Per questo motivo invito a prendere con prudenza questa notizia. Qui sono sentiti Natascia, il padre di lei, il suo difensore, concittadini che la conoscono e che giurano sulla sua bontà.
Non c'è nessuna domanda al PM (eppure mica che sono timidi con la stampa, ANZI!!!), all'avvocato dell'ex fidanzato, per confrontare le versioni, per chiedere loro come mai dopo "35 consulenze psichiatriche", di cui ben 7 volte a valutarne la pericolosità, favorevoli a Natascia,  la stessa sia stata non solo condannata ma anche reclusa in carcere e spedita in un manicomio criminale.
Magari una qualche spiegazione c'è, oppure, come non di rado accade, le cose non stanno esattamente come sono state riportate.
Ad oggi, dopo 106 giorni, Natascia è stata scarcerata, essendo stato ritenuto che il regime carcerario fosse  incompatibile con le cure di cui lei ha bisogno 
Due elementi significativi : 1) Natasha non accoglie la possibilità di patteggiare la pena, con i relativi benefici, ritenendo di essere innocente ( il periodo di aggressività e non controllo sarebbero da attribuire agli effetti collaterali di un farmaco da lei assunto contro il Parkinson), e che ora che la medicina sbagliata è stata eliminata, lei è tornata la brava ragazza che i suoi conoscenti e compaesani descrivono 2) Non si rassegna alla condanna della giustizia italiana e si è rivolta alla Corte Europea dei diritti dell'uomo a Strasburgo.
Insomma, sembra l'atteggiamento di una molto sicura di avere ragione.
Come vedete, molte domande da questa storia, molti dubbi.
Che spessissimo la cronaca lascia irrisolti.
Però il Corriere è un giornale seguito, e magari, dopo aver letto l'articolo denuncia, qualcuno dei soggetti coinvolti e qui criticati (i giudici, in primis) potrebbero fornire qualche delucidazione utile.
Al momento, questo è.
Ecco l'articolo di Antonio Crispino


Stefano Turchetti ha condiviso un link.

«Io rinchiusa in un manicomio criminale per un farmaco e per la malagiustizia»

La storia di Natascia Berardinucci, malata di Parkinson e condannata per stalking - di Antonio Crispino

Una bellissima ragazza dagli occhi leonini, i capelli lunghi castani e un fisico statuario. La più bella, la più corteggiata del paese ma anche la più brava. Perché Natascia Berardinucci è anche un'infermiera professionale dell'Asl di Chieti, «una delle più brave», dicono i colleghi. «Lei sa come prendere i pazienti».

Per la Sanità italiana invece Natascia è una ragazza che ha scoperto presto il dolore sulla propria pelle: un Parkinson precoce che se non curato bene rende difficile ogni movimento. Alcuni luminari le prescrivono un medicinale a base di pramipexolo che lei inizia a prendere dal 2005. Ma nel 2007, dopo tre richiami dall'Enea (Ente Europeo del farmaco) la casa farmaceutica che lo produce è indotta a descrivere nel bugiardino anche alcuni effetti collaterali devastanti che interessano una piccola percentuale di pazienti (3-4%) intaccando in loro tutti quelli che sono i sensori dell'appagamento e della felicità. Nessuno però provvede a informare i pazienti che hanno preso quel farmaco dal 2005 al 2007 dei possibili rischi che può arrecare: shopping compulsivo, gioco d'azzardo compulsivo, ipersessualità e iperbulimia. Natascia rientra in quel 3-4% secondo Flavia Valtosta, farmacologa del San Raffaele di Milano. Si sveglia la notte per mangiare e per giocare al gratta e vinci on line. Arriva a perdere circa 40mila euro, diventa bulimica e aggressiva. Il compagno con cui programmava le nozze non capisce o finge di non capire cosa succede. La denuncia per maltrattamenti arriva in seguito a uno schiaffo di troppo: lui l'accusa di stalking, danneggiamento e lesioni. «Erano lesioni reciproche ma per la giustizia Natascia diventa una stalker da condannare. I giudici ignorano che la colpa principale di questi comportamenti violenti è un effetto collaterale del farmaco che lei prendeva» dice il suo avvocato Danielle Mastrangelo. Natascia viene sottoposta a 35 consulenze psichiatriche in 90 giorni, 7 perizie per pericolosità, di cui tre ordinate dal tribunale. Pur risultando tutte a suo favore (e benché incensurata), i giudici le rifiutano la sospensione della pena o gli arresti domiciliari. 
Cambia tre carceri in tre mesi. Per 23 giorni viene tenuta in isolamento dai parenti.

La giustizia italiana decide che tutto questo non basta. Natascia viene trasferita in un Opg, ossia un manicomio criminale. A Pisa le sbagliano la cura antiParkinson. «Le somministrano un altro medicinale che ha una durata di 21 giorni. Serve solo a tenerla ferma a letto - racconta sbalordito il papà Antonio -. Quando sono andato a Pisa a trovarla ho avuto paura. Nella sala colloqui ci è arrivata sotto braccio a due agenti carcerari, non riusciva a camminare o a portare il bicchiere d'acqua alla bocca». Mentre lo racconta, il papà ha gli occhi lucidi. Ha solo la forza di biascicare «...sono stati i giorni più brutti della mia vita, i più duri». Scuote la testa e si copre il volto.
Solo dopo 106 giorni di carcere i periti del tribunale di Sorveglianza accertano l'incompatibilità con il regime carcerario e la scarcerano. La decisione coincide anche con una manifestazione del padre di Natascia: per la disperazione si incatena al tribunale chiedendo giustizia per la figlia. Tuttavia i giudici la condannano anche in Cassazione per stalking. «Natascia viene considerata una persona violenta, diventano irrilevanti del tutto o quasi effetti del medicinale sui suoi comportamenti. Ne esce fuori un'immagine che stride troppo con quella reale» dice l'avvocato difensore. Ma soprattutto i giudici sembrano ignorare il dolore, l'umiliazione e la frustrazione provati da una ragazza che lavora - apprezzata da tutti - come infermiera e d'estate si reca in Africa per aiutare i bambini del Kenya, che fa volontariato presso la Croce Rossa, che «non ha mai fatto mal a una mosca» come la descrive uno dei suoi amici più cari. «All'improvviso si vede dipinta dalla giustizia come una carnefice».

Natascia tuttavia crede nella giustizia, quella con la maiuscola: rifiuta ogni patteggiamento con l'ex fidanzato; ripete «che non deve patteggiare niente perché non ha fatto niente». La giustizia italiana ritiene che il farmaco abbia solo esasperato uno stato di depressione avanzato. E lei oggi, ancora in piedi - pur di avere un po' di giustizia dopo i tre gradi che l'hanno condannata - ha deciso di rivolgersi alla Corte suprema per i diritti dell'Uomo a Strasburgo. Nel frattempo ha in corso anche una maxi causa legale per risarcimento danni con la casa farmaceutica produttrice del farmaco «che mi ha tolto il sorriso per tutta la vita».

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